L’ex attaccante delle rondinelle parla in esclusiva a Bresciaingol.com dell’ottimo momento di forma dei due centravanti biancoblù: “Se stanno segnando è anche merito della squadra che li serve a dovere. Una punta alla volta basta, finché i risultati sono positivi non ha senso cambiare il modulo solo per farli giocare insieme”
Brescia. La nuova coppia del gol in casa Brescia, formata da Borrelli e Moncini, sembra aver finalmente ingranato la marcia giusta grazie alle quattro reti segnate nelle ultime tre giornate e con ancora due partite da disputare prima della conclusione del girone d’andata la doppia cifra di reti non sembra irraggiungibile. Sommando i 5 gol dell’ex Spal (che sarebbero 6 se la Lega non avesse assegnato l’autogol a Frare nel match di Cittadella) e i 4 del giocatore di proprietà del Frosinone, il Brescia può infatti vantare uno dei migliori duo in fase realizzativa dell’intera Serie B e quota 10 reti in due è a un passo.
Per analizzare questo eccellente stato di forma dei due attaccanti delle rondinelle, Bresciaingol.com ha intervistato in esclusiva Dario Hubner, uno che di gol se ne intende. Tatanka è infatti l’unico centravanti italiano, insieme a Protti, ad aver vinto il titolo di capocannoniere nei tre campionati professionistici in Italia (Serie A, Serie B e Serie C1) e con la maglia del Brescia ha realizzato 75 reti in 129 presenze tra il 1997 e il 2001.
Come valuta la coppia del gol Borrelli e Moncini?
“Io dico sempre che gli attaccanti sono bravi quando i compagni li mettono in condizione di poter fare gol. Questi due ragazzi sono bravi a fare i movimenti che gli vengono richiesti, ma ci vuole sempre il supporto da parte di tutta la squadra. In questo momento con Maran stanno facendo cose nuove rispetto ad inizio anno e riescono ad arrivare più facilmente in porta. È tutta una questione di contesto. Se gli attaccanti fanno bene è perché la squadra gira bene, solitamente segnano poco è perché non hanno tanti palloni da sfruttare. È quindi giusto rendere merito anche ai centrocampisti e agli esterni che stanno servendo ottimi assist in area di rigore”.
Secondo lei possono giocare insieme o è giusto continuare ad alternarli con Moncini che entra dalla panchina e segna?
“Questo modulo sta funzionando molto bene quindi non vedo il motivo per cui si debba cambiare. È meglio restare così come si è e valutare modifiche solo qualora le cose dovessero andare male. Moncini e Borrelli sanno che si devono alternare e così facendo sanno di dover dare sempre il 100% ogni volta che sono chiamati a scendere in campo. Poi qualche volta è giusto che Moncini sia tra gli undici titolari e che Borrelli parta dalla panchina, anche se alcuni giocatori sono più abituati di altri a subentrare a partita in corso”.
La sua carriera è sempre stata caratterizzata dalla titolarità, ma le è capitato in qualche occasione di essere l’uomo della provvidenza che entra e segna dalla panchina gol decisivi come sta facendo Moncini a Brescia?
“Ho avuto la fortuna di giocare 20 anni praticamente sempre da titolare, quindi ero abituato a partire dall’inizio. Subentrare dalla panchina era diverso, anche se mi è capitato. Ad esempio a Brescia con Mazzone sono stato 5-6 partite in panchina perché non stavo segnando poi mi sono sbloccato con una doppietta e sono tornato titolare. Come dicevo, ci sono giocatori maggiormente abituati a subentrare a gara in corso e altri invece a giocare dall’inizio. Non tutti sono capaci di partire dalla panchina e determinare allo stesso modo. L’importante però è dare tutto per i minuti che hai a disposizione. E come dico sempre è un lavoro di squadra”.
Qual è secondo lei la maggior differenza tra questi due attuali attaccanti e Ayè?
“La punta è la punta. Oggi come oggi devi essere un attaccante completo ovvero in grado di fare sia un lavoro di appoggio e di unione tra i reparti che di ricerca della profondità. Borrelli e Moncini sanno cosa fare con Maran. Borrelli viene tanto incontro mentre i movimenti di Moncini sono quelli da attaccante puro che va in profondità e meno incontro ai compagni. Ayè secondo me era una seconda punta o trequartista più che centravanti. Non gli piaceva giocare con il difensore alle spalle, voleva partire guardando la porta. Onestamente lo vedevo più come trequartista o addirittura esterno considerata la sua velocità, ma mai punta”.